In questo articolo viene dimostrato come eliminando alcune prescrizioni molto datate e presenti solo in Italia sia possibile ottenere maggiore qualità e sostenibilità.

Il passaggio dalla fase di ideazione e progettazione a quello di realizzazione è, perciò, attualmente rallentato e ostacolato da una serie di procedure stratificate e da vincoli obsoleti che negli anni hanno ridotto il ruolo del progettista a quello di un mero interprete delle disposizioni normative, anche contro criteri logici improntati al miglioramento della qualità abitativa e al contenimento dei costi e dei consumi. Ciò non è più tollerabile.

*AA.VV., Dossier “HABITO” La ricerca per il futuro dell’abitare.

Cito le parole di un dossier molto interessante riguardo al rapporto tra normativa, sostenibilità e rilancio del mercato immobiliare. La conclusione a cui sono giunti gli autori: “Ciò non è più tollerabile” risale a circa dieci anni fa.

Peccato che poco o nulla sia cambiato da allora. Anzi, la normativa entra sempre più nel dettaglio, arrogandosi il diritto di decidere come realizzare qualunque elemento architettonico e non.

A complicare la questione, non solo c’è il fatto che la normativa deve coprire un gran numero di aspetti simultaneamente, ma anche la grande differenziazione del territorio italiano. Lo stesso dossier* giunge a quest’altra importante conclusione:

Troppe e spesso non giustificate sono infatti le differenze che corrono fra le diverse normative regionali e finanche tra i singoli regolamenti edilizi o di igiene locali.

Tutto ciò, come si accennava, ha dei costi che, a ben guardare, non sembrano corrispondere sempre a effettivi benefici.”

Innovare e rendere sostenibili le nostre costruzioni non è più una possibilità, ma una necessità. In che modo però possiamo riqualificare la complessa realtà edilizia italiana?

La risposta dell’Italia è il metodo complesso e costoso di bonus e detrazioni. Un sistema del genere è lento, macchinoso e, lo ripeto, costoso. Soprattutto scarica sempre e comunque sulle spalle del cittadino: oneri, realizzazzione e rispondenza ai limiti imposti.

E se vi dicessi che c’è un modo per innovare che non costa nemmeno un euro?

Vediamo il risparmio ottenibile completamente a costo zero evidenziato dalla ricerca*.

Nel calderone dell’attuale normativa

Lo stile dell’ attuale normativa è quello di cercare di definire dimensioni e caratteristiche di ogni minimo aspetto della costruzione. Si definisce: “normazione prescrittiva”.

Il problema di questa forma normativa è che se anche fosse possibile riuscire a formulare delle leggi capaci di coprire tutti i casi possibili, insieme a tutte le loro possibili declinazioni, si riuscirebbe soltanto a definire un metodo valido per il presente, anzi probabilmente per un presente da poco superato. Rimane chiaramente esclusa ogni forma di innovazione, poiché non si può normare nel dettaglio ciò che ancora non esiste.

Se ci troviamo all’interno guardiamoci intorno: la conformazione che ha acquisito questa nostra stanza è in gran parte determinata da norme che ne hanno puntigliosamente fissato le dimensioni minime: superficie della stanza in funzione della destinazione d’uso fissata a priori, dimensioni e superfici delle finestre, larghezza e altezza delle porte, altezza minima del locale e, a seconda del tipo di stanza, anche il tipo di materiale da utilizzare per i rivestimenti.

talune disposizioni di ordine igienico-sanitario come quelle inerenti al dimensionamento degli alloggi […] sono entrate in vigore quando gli ambienti domestici erano ancora riscaldati con stufe a legna o a carbone, illuminate con lampade ad olio e vissute da persone i cui ritmi biologici erano collegati a quelli naturali, oggi sono ancora in vigore in tempi di teleriscaldamento, lampade a basso consumo, aerazione meccanizzata e, più in generale, stili di vita che non giustificano più certe rigidità normative. Persa la loro valenza sanitaria (il problema, un tempo era rappresentato dai frequenti casi di intossicazione da CO 2 ), le disposizioni richiamate appaiono oggi imposizioni prive di senso, che limitano inutilmente la libertà di progettisti e proprietari, senza che ciò concorra a realizzare interessi pubblici di alcun tipo.”*

In questa sede mi soffermerò solo sulla critica alle norme igienico-sanitarie, anche se la complessità e la sovrapposizione di competenze e gerarchie meriterebbe una trattazione più specifica, parlo ad esempio dell’innalzamento dei requisiti minimi per l’efficientamento energetico che spesso entra in contrasto con le più stringenti norme igienico sanitarie. Un caso banale molto comune: utilizzando il necessario spessore di isolamento delle spallette nelle finestre si rischia di ridurre la superficie aeroilluminante del locale fino a renderlo perfino inagibile.

E nel resto dell’Europa come fanno?

Sempre all’interno del dossier già citato troviamo un confronto tra legislazione italiana e quella europea: Vengono presi in esame alcuni edifici innovativi e progettati da architetti molto famosi per vedere se: in primo luogo esistano edifici che rispettino le stringenti disposizioni della normativa italiana, e, in secondo luogo, se il mancato rispetto di questo ordine produca una riduzione della qualità abitativa.

Potete immaginare il risultato… Gli interventi sono caratterizzati da un’elevata qualità architettonica, riqualificazione urbanistica/sociale e alte prestazioni energetiche, il tutto ottenuto addirittura ad un costo inferiore alla media italiana!

L’immagine qui riportata mostra uno degli edifici studiati: la “Crystal Box” realizzata a Parigi da Atelier du Pont. Ho scelto questo esempio in particolare perché non solo si parla di altissima qualità architettonica ed efficienza energetica, ma anche di riqualificazione e densificazione all’interno della città.

L’edificio esaminato non rispetta molte delle norme igieniche italiane: le stanze hanno dimensioni inferiori, i bagni non sono finestrati, la superficie aeroilluminante (a dimensione delle finestre) non sempre rispetta i requisiti italiani e le scale stesse non sono a norma. Eppure come potete vedere dalle foto la qualità architettonica è elevata e permette di riqualificare uno spazio urbano già dotato di tutti i servizi fondamentali.

Più forma meno bonus! Perché la forma fa la differenza

Nel dossier si stima che apportando modifiche alla sola normativa igienico-sanitaria italiana (altezza minima dei locali, superficie minima delle stanze, bagno principale cieco, etc…), portandoci così in linea con le norme degli altri paesi europei, si ottiene una riduzione del fabbisogno energetico pro-capite del 25% e senza nessun investimento economico!

Grazie a una maggiore libertà, inoltre, il progettista potrà finalmente utilizzare le soluzioni più profondamente efficienti per ogni situazione. Il controllo oggettivo sulla qualità della progettazione verrebbe effettuato solo attraverso la rispondenza a determinati parametri prestazionali. Ad esempio calcolando il consumo energetico o la quantità di illuminazione naturale piuttosto che imporre dimensione obbligatorie delle aperture.

Questa si chiama “normazione prestazionale”.

Questo approccio, secondo me, è ciò che un po’ tutti vorremmo… Essere giudicati per i nostri risultati e non essere obbligati a seguire imposizioni prive di senso.

*AA.VV., Dossier “HABITO” La ricerca per il futuro dell’abitare. Vi invito a scaricare questo dossier disponibile presso: https://www.aim.milano.it/habito1